I generi di podcast più amati? True crime, inchiesta e narrazione
È quanto emerge dal sondaggio che ho fatto girare nei giorni scorsi. Una ricerca Nielsen evidenzia invece la crescita degli audiolibri. Trovi poi le notizie e i consigli d'ascolto della settimana
Ciao! Io sono Andrea Federica de Cesco e questa è Questioni d’orecchio, la mia newsletter sul mondo dell’audio parlato: podcast e audiolibri, ma non solo.
Oggi inauguro una collaborazione con Mirko Lagonegro, ceo e cofondatore di DigitalMDE (società specializzata nell’ideazione e implementazione di Digital Audio Strategy nata nel 2016). Qui sotto trovi una sua riflessione riguardo all’ipotesi che Apple possa lanciare un servizio a pagamento per podcast.
Voglio ringraziare innanzitutto Mirko e poi tutte le persone che hanno partecipato al sondaggio che vi avevo proposto settimana scorsa. Come promesso, ho analizzato e riassunto le risposte ricevute. Ecco cos’è emerso.
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I risultati del questionario per gli ascoltatori di podcast
Quali sono i tuoi podcast preferiti? Qual è per te la durata massima di un episodio? Ritieni che ci siano discriminazioni nel mondo del podcasting? Sono alcune delle domande contenute nel questionario destinato agli ascoltatori di podcast, occasionali e abituali, che ho fatto girare nei giorni scorsi sui social e via messaggio tra conoscenti e amici. L’obiettivo era raccogliere alcune informazioni - anonime - sulle abitudini d’ascolto e farmi un’idea della percezione degli ascoltatori riguardo a determinati temi.
Iniziamo con i dati sui partecipanti. Sono state 203 le persone che hanno preso parte al sondaggio. Il 56,7% ha tra 18 e 34 anni, il 33,5% tra 35 e 54, il 7,4% tra 55 e 75, il 2% meno di 18 e lo 0,2% più di 75. Per quanto riguarda il genere, il 53,2% è composto da donne, il 45,8% da uomini e l’1% non si identifica né come uomo né come donna. Il 67% vive nel Nord Italia, il 21,2% nel Centro, il 3,4% nel Sud, il 3% nelle Isole e il 5,4% all’estero.
Passando alle abitudini d’ascolto, il 43% ascolta podcast da 1-3 anni, il 29,6% da meno di un anno (un dato che potrebbe confermare la sensazione che nel 2020 il settore dei podcast ha cominciato a diventare sempre più mainstream), il 15,8% da 3-5 anni (Veleno, il primo podcast italiano di successo, risale all’ottobre 2017) e solo l’11,3% da oltre cinque anni. Rispetto alle ore di ascolto, il 36,9% ascolta 1-3 ore di podcast alla settimana, il 23,2% 3-5 ore, il 16,7% meno di un’ora, il 14,3% tra le 5 e le 10 ore e l’8,9% oltre 10 ore. Curiosamente non emerge una correlazione tra la quantità di ore d’ascolto settimanali e da quanto tempo si ascoltano podcast: alcuni hanno iniziato meno di un anno fa e ascoltano oltre dieci ore alla settimana, altri ascoltano podcast da oltre cinque anni ma dedicano a quest’attività meno di un’ora alla settimana.
La maggior parte (59,1%) ascolta quando capita, ma sono rilevanti anche le percentuali di chi ascolta prevalentemente di primo mattino (25,1%), di pomeriggio (24,6%) e dopo cena (24,1%). Il contesto più diffuso in cui si ascolta è quello dei momenti di spostamento, a piedi, in auto o sui mezzi pubblici (64%). Moltissimi ascoltano mentre fanno le pulizie (53,2%) e mentre cucinano (44,3%). La pandemia per molti (39,4%) non ha cambiato le abitudini di ascolto. Per molti altri (41,8%) ha segnato l’inizio dell’ascolto di podcast oppure ha significato un incremento degli ascolti (diverse persone hanno scritto che avendo più tempo a disposizione ora dedicano più ore ai podcast). In vari casi sono cambiati i contesti di ascolto, dal momento che le ore spese in auto o sui mezzi di trasporto sono diminuite drasticamente per quasi tutti. E proprio la riduzione o scomparsa del commuting è il motivo prevalente per cui il 9,3% dallo scoppio della pandemia ascolta meno.
Per il 24,1% la durata massima di un episodio è un’ora, per il 23,2% oltre un’ora, per il 18,2% 45 minuti, per il 16,7% mezz’ora, per il 15,3% 20 minuti e per il 2,5% 10 minuti. La grandissima parte dei partecipanti, il 95,1%, dice di fare caso alla qualità tecnica di voci, musiche e suoni. L’app più usata è Spotify, seguita da Spreaker e da Apple Podcasts. Un tema di cui si parla spesso, vista la sua centralità, è quello del business model. Ha senso puntare su un servizio su abbonamento, dal momento che esiste un numero enorme di podcast gratuiti? Le risposte di una larga fetta delle persone che hanno partecipato al questionario lasciano qualche speranza: il 50,2% pagherebbe per ascoltare podcast, il 49,8% no. D’altra parte le persone che affermano di usare piattaforme a pagamento (Audible o Storytel) per ascoltare podcast sono la min0ranza.
Mi interessava poi capire se gli ascoltatori di podcast mediamente sono anche ascoltatori di audiolibri. Da questo sondaggio pare di no: li ascolta il 15,7% dei partecipanti; un altro 9,8% lo fa raramente. Chi ascolta audiolibri ascolta per lo più romanzi, sia grandi classici sia narrativa contemporanea. Parlando di branded podcast, le opinioni si dividono parecchio. Circa un terzo li giudica noiosi e in generale ne ha un giudizio negativo. Un altro terzo non ha un’opinione precisa in merito, molti non ne hanno mai ascoltati. L’opinione del restante terzo è positiva, in quanto lo considera un valido strumento di marketing; a patto che i podcast siano ben fatti e che l’intento pubblicitario non sia troppo evidente.
Tra i podcast in italiano più citati, tra i quasi duecento indicati dai partecipanti come i loro preferiti, ci sono tutti quelli di Dpen e in particolare Dpen Crimini, Veleno di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, Da Costa a Costa di Francesco Costa, Il podcast di Alessandro Barbero, Storie di questo mondo di Pietro Giordano, Spinnit di Francesco Proto e Francesco Nardi, Demoni urbani di Francesco Migliaccio, Morgana di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri e Blu notte di Carlo Lucarelli. Per quanto riguarda i podcast in lingua straniera oltre la metà dei partecipanti non ne ascolta, soprattutto a causa di una scarsa conoscenza delle lingue. I più citati in questo caso sono Serial di Sarah Koenig, The Daily del New York Times, The Joe Rogan Experience, Popcast sempre del New York Times e i Ted Podcasts.
Un’altra domanda che ho posto ha a che fare con i modi attraverso cui gli ascoltatori di podcast si tengono informati sul settore e sulle novità in uscita. Uno dei grandi problemi del podcasting è infatti la discoverability. Circa una persona su dieci non si tiene informata. Gli altri si basano soprattutto su quanto leggono e ascoltano sui social (dove molti frequentano gruppi ad hoc), sulle ricerche all’interno delle app di ascolto, sulle classifiche, sulle newsletter, sugli articoli e sulle informazioni che trovano sul web, sul passaparola e su canali Telegram dedicati ai podcast.
Ero molto curiosa di leggere le risposte riguardo alla domanda sulle eventuali discriminazioni, verso donne o minoranze, nel mondo del podcasting. Secondo l’84,2% dei partecipanti non ci sono problemi di questo tipo. Molti argomentano descrivendo il podcast come un «mezzo libero» o un «media democratico». Chi al contrario ritiene che ci siano discriminazioni sottolinea come la maggior parte dei podcaster è di sesso maschile, oppure evidenzia il fatto che i podcaster uomini bianchi sono in genere più conosciuti e celebrati. Secondo altri le discriminazioni non riguardano le donne, ma le minoranze.
Infine ho chiesto quali sono i loro generi di podcast preferiti e quali vorrebbero che fossero sperimentati di più. In merito alla prima domanda le categorie più gettonate sono true crime (50,7%), inchiesta (44,8%), narrazione (39,4%) e talk (35,5%). True crime, inchiesta e narrazione sono anche i generi che molti vorrebbero al centro di maggiori sperimentazioni, insieme ai podcast musicali (ricordo che qui c’è un grosso ostacolo rappresentato dallo sfruttamento dei diritti delle canzoni, qualora le si volesse usare), fiction e di formazione. Riporto una delle risposte che ho trovato più interessanti:
[Vorrei che si sperimentasse di più] il racconto di sé. Il podcast, in generale, mi ha colpito molto perché veicola benissimo le emozioni di chi parla, la voce è uno strumento che racconta tantissimo, anche quando non ce ne rendiamo conto. E mi ha aiutata a uscire un po' da un senso di solitudine che sentivo pesante, complici sia il lockdown che il mondo dei social che ci vuole tutti sempre felici e contenti. Mi piacerebbe che intorno ai podcast si creassero delle relazioni, delle piccole comunità forse, fra persone che escono dal proprio guscio e si raccontano, scoprendosi simili.
Le notizie della settimana sul podcasting in breve
La notizia più eclatante riguarda Anchor, la piattaforma per podcaster acquisita da Spotify due anni fa per 140 milioni di dollari. La piattaforma presenta una funzione chiamata Anchor Sponsorships che permette ai creator di monetizzare i loro podcast: gli inserzionisti vengono abbinati automaticamente ai podcast che si adattano al loro target demografico e gli host possono leggere gli annunci per gli sponsor e fare soldi. Il problema è che Anchor non riesce a trovare gli sponsor. Ma senza sponsor i podcaster non hanno possibilità di guadagno: il rischio è che migrino verso piattaforme concorrenti. E così è capitato più volte che Anchor stessa abbia fatto da sponsor ai podcaster che usano la piattaforma. Di conseguenza diversi creator si sono ritrovati a essere pagati da Anchor per ospitare pubblicità sull’azienda all’interno dei loro podcast.
Andiamo poi nel territorio di Apple. Fitness Plus, un servizio su abbonamento per l’Apple Watch lanciato alla fine dell’anno scorso, ha ora una nuova funzione che consente di camminare ascoltando delle specie di podcast immersivi. Si chiama Time to Walk e consiste in una serie di esperienze audio con la voce di celebrità pensate per essere ascoltate con le cuffie o gli auricolari mentre si cammina.
Infine, un’analisi di Axios evidenzia come all’attuale boom del podcasting in termini di produzione e ascolti non corrispondano al momento grandi ritorni a livello economico. Ecco un passaggio dell’articolo:
Soltanto pochi grandi attori traggono guadagni significativi dai podcast oggi, ma ci si aspetta che ciò cambierà quando il settore sarà maturo. Mentre diverse grandi aziende e creatori indipendenti stanno provando a buttarsi in questo mondo, molti non stanno vedendo una grande crescita. L’1% dei podcast al top riceve il 99% dei download.
Apple Podcast Premium: facciamo un’ipotesi?
Di Mirko Lagonegro
La notizia che Apple stia per lanciare un servizio di podcast a pagamento, come riportato qui da Andrea la scorsa settimana, ha fatto rizzare le orecchie a tutti gli operatori. Del resto Apple ha sempre fatto capire di non essere interessata al modello adv based, quindi tutto torna, no? Un’offerta premium anche di contenuti parlati, oltre che musica, film e libri, come fanno anche gli altri Big.
Però.
A Cupertino hanno sempre fatto le cose a modo loro: possibile che si limitino a riproporre un approccio “comune”? James Cridland, editor della newsletter Podnews e autorevole commentatore di questa materia, ha formulato un’ipotesi “alternativa”, che anche io, molto più modestamente, credo non possa essere da escludere, anzi.
Supponiamo che per Apple la frase “offerta di podcast a pagamento” non sia solo da intendere come la semplice produzione di contenuti originali messi dietro ad un paywall, cosa che comunque farà, ma piuttosto replicare anche per il podcast il meccanismo dell’App Store, un marketplace in cui uno sviluppatore può creare un’app e metterla in vendita guadagnando 2/3 del prezzo di vendita, lasciando ai tipi della Mela l’onere di smazzarsi tutta la commercializzazione e la burocrazia. Capite? Sarebbe come dire ai podcaster indipendenti: «Ehi, pubblica qui da me il tuo contenuto, bypassa le piattaforme di donazione e non ti curare di tutte le pastoie legate alla pubblicità: un terzo a me e due terzi a te e finisci subito nell’app di riferimento per ascoltare podcast, connessa con milioni di carte di credito».
Io dico che una cosa così sarebbe dirompente, andando a impattare in modo significativo sui modelli di business con cui i creator possono monetizzare il loro lavoro, il Sacro Graal del podcasting ai giorni nostri: e voi?
I podcast italiani della settimana
Il podcast da non perdersi questa settimana è Buco Nero, podcast inchiesta sul covo virtuale dei suprematisti bianchi italiani. Con questa serie audio in quattro puntate, distribuita in esclusiva da Storytel, Gabriele Cruciata e Arianna Poletti hanno vinto il Premio Morrione 2020 (categoria inchiesta sperimentale). I due giornalisti si sono infiltrati in un forum dove circolano contenuti xenofobi e razzisti, manuali per organizzare una guerra razziale e video di attentati. I membri della chat tra di loro si chiamano lupi, perché accanto a ogni intervento compare in automatico la scritta Lupo Lucio. Il nickname dell’admin, un ex hacker nazifascista, è invece Melevisione. Oltre al racconto degli otto mesi sotto copertura di Cruciata e Poletti, nel podcast ci sono anche interviste ad avvocati ed esperti di sicurezza informatica e di antiterrorismo, così come a persone che dell’estrema destra hanno fatto o fanno parte (tra cui Luca Traini). Casualmente Buco Nero è uscito a pochi giorni dall’arresto di un ventiduenne di Savona che, secondo gli inquirenti, era pronto a commettere un attacco ispirato agli attentati di matrice suprematista.
Un’altra novità che ho trovato originale è Storie brutte della scienza, su Audible: otto puntate dedicate ciascuna a un diverso scienziato, da Thomas Edison a Galileo Galilei, passando per Marie Curie. L’autore e conduttore è Barbascura X, chimico, musicista e youtuber che fa divulgazione scientifica vestendo i panni di un pirata. Mentre dialoga con delle voci che rappresentano vari tratti della sua personalità, con tono ironico e dissacrante Barbascura X ripercorre le manie, i fallimenti, le intuizioni e le fatiche che hanno segnato le vite degli otto protagonisti.
Le ali di Vik è invece un podcast indipendente, disponibile sulle principali app free, scritto e condotto da Samuele Sciarrillo. Vik è Vittorio Arrigoni, attivista pacifista, giornalista e scrittore brianzolo che nell’aprile 2011 - quando aveva 36 anni - fu rapito e ucciso da un gruppo terrorista nella Striscia di Gaza, dove andava spesso per raccontare cos’accadeva (celebre l’adagio con cui era solito chiudere i suoi articoli: «Stay human, Restiamo umani»). La serie ricostruisce in sei puntate la storia di Arrigoni dall’infanzia alla morte attraverso le testimonianze di sua madre, Egidia Beretta, e quelle di amici e colleghi.
I trend sugli audiolibri nella ricerca Nielsen per Audible
Mentre dal mio piccolo sondaggio, che non ha pretese statistiche, gli ascoltatori di podcast non sembrano apprezzare troppo gli audiolibri, da una ricerca di Nielsen commissionata da Audible il settore risulta in crescita - anche se i numeri assoluti non sono disponibili. Nel 2020 il 41% degli italiani ha ascoltato un audiolibro e rispetto al 2019 la percentuale di persone che indica l’ascolto come modalità preferita di fruizione di un libro è aumentata di cinque punti. Gli ascoltatori occasionali sono per lo più uomini millennial con un’età tra i 25 e i 44 anni e vivono per la maggior parte al Sud Italia. La categoria dell’“audiolettore” forte (che ascolta audiolibri tutti i giorni) è invece rappresentata equamente da uomini e donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni, che abitano per lo più nel Centro e in genere leggono parecchio (sia su carta sia e-book).
La casa è il luogo preferito per l’ascolto, che per la maggior parte degli intervistati è un’attività solitaria. In confronto al 2019 a causa della pandemia sono calati gli ascolti durante gli spostamenti. In settimana l’ascolto inizia prevalentemente nel tardo pomeriggio, nel weekend si diluisce nell’arco della giornata. Ma perché si ascolta un audiolibro? Per il 28% per curiosità, per 27% per comodità, per il 25% per imparare. I generi più ascoltati sono i classici (31%), seguiti dai thriller (27%) e dai libri fantasy e di science fiction (25%), che segnano un +30% rispetto al 2019.
Gli audiolibri in italiano della settimana
Ti segnalo tre titoli piuttosto diversi gli uni dagli altri. Il primo, una produzione di Emons disponibile sulle varie piattaforme d’ascolto, è La dannazionedi Ezio Mauro, qui anche in veste di lettore. Il giornalista in 5 ore e 20 racconta l’evento che - all’alba del fascismo - portò alla nascita del Partito comunista d’Italia.
Febbre da fieno, su Storytel, è invece un giallo del 1975 dello scrittore polacco Stanisław Lem. Siamo di fronte a una serie di morti inspiegabili, un enigma di cui non si trova la soluzione. Alla fine nelle indagini viene coinvolto anche un astronauta in pensione, che per risolvere il mistero viaggia tra Napoli, Roma e Parigi mettendo in pericolo la propria vita. L’audiolibro, della durata di sei ore, è letto dall’attore Blas Roca-Rey.
Se invece stai cercando qualcosa per la Giornata della memoria ti consiglio La bambina e il nazista, romanzo di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli letto dal doppiatore, imitatore e speaker Maurizio Di Girolamo (è un’esclusiva Audible e dura 8 ore e 50 minuti). Ispirato a fatti reali, narra la storia di Hans Heigel, ufficiale di complemento delle SS. Pur consapevole dei rischi che corre, l’uomo tenta in tutti i modi di salvare Leah, giovanissima prigioniera ebrea destinata alle camere a gas che somiglia come una goccia d’acqua a sua figlia Hanne.
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