"Questioni d’orecchio", una newsletter di Andrea F. de Cesco

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La disinformazione nei podcast è un problema serio, anche se nessuno ne parla

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La disinformazione nei podcast è un problema serio, anche se nessuno ne parla

Una ricercatrice statunitense ha analizzato 8.000 episodi di podcast di politica e ha scoperto che oltre un decimo contiene informazioni false o fuorvianti. Ma perché se ne discute così poco?

Andrea F. de Cesco
Sep 8, 2021
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La disinformazione nei podcast è un problema serio, anche se nessuno ne parla

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“Questioni d’orecchio” ha finalmente un’illustrazione ufficiale, e il merito è tutto della mia adorata Susanna Gentili, tra le illustratrici più brave in circolazione. Dai un’occhiata al suo profilo Instagram, @suzygentili.

The Joe Rogan Experience, lo show del comico statunitense Joe Rogan, non è solo il podcast più seguito al mondo (anche se da quando è stato acquisito da Spotify la sua influenza è in declino). È al tempo stesso quello che meglio di ogni altro dimostra quanto la disinformazione sia presente e pericolosa anche e soprattutto nell’ambito dei podcast, nonostante se ne parli pochissimo.

Rogan negli anni le ha sparate grosse, grossissime. Su qualsiasi argomento. È arrivato a sconsigliare ai giovani di vaccinarsi contro il Covid, salvo poi ritrattare. Peccato che nel frattempo le sue parole fossero state ascoltate da decine di milioni di persone (nel 2019 aveva dichiarato che The Joe Rogan Experience contava 200 milioni di download al mese). E qualche giorno fa, dopo avere contratto il virus, ha detto di avere assunto - tra le varie cose - ivermectina, un vermifugo usato in campo veterinario che alcuni ritengono A TORTO una cura contro il Covid.

[Daniel Ek, ceo e fondatore di Spotify, ha recentemente ribadito che Spotify non ha responsabilità editoriale rispetto a quanto è detto nei suoi podcast, incluso The Joe Rogan Experience]

Il problema, ovviamente, non riguarda solo Joe Rogan. Ma qual è, davvero, la sua portata?

È possibile farsi un’idea grazie a una recentissima ricerca di Valerie Wirtschafter, senior data analyst alla Artificial Intelligence and Emerging Technologies Initiative della Brookings Institution di Washington D.C.. Wirtschafter ha analizzato oltre ottomila episodi di popolari podcast di politica in inglese attraverso tecniche di apprendimento automatico e di elaborazione del linguaggio naturale (NPL), con lo scopo di abbinare le trascrizioni degli show a un database per il fact-checking di affermazioni politiche false o fuorvianti.

Cosa è emerso?

Oltre UN DECIMO degli episodi (che in totale hanno ricevuto oltre 100 milioni di visualizzazioni, like e commenti) contiene informazioni potenzialmente false relative a tematiche quali l’immigrazione, le elezioni e l’aborto. La studiosa ha inoltre rilevato che le falsità raggiungono dei picchi nei momenti politici chiave e che sono diventate sempre più comuni con il passare del tempo.

Perché allora la disinformazione nei podcast è un argomento così poco discusso, a differenza di quella nei social media? Wirtschafter avanza quattro ipotesi, che condivido in pieno.

1⃣ L’impossibilità di interazione tra host e ascoltatori: mentre sui social chiunque può segnalare o denunciare in tempo reale un’informazione falsa o fuorviante, nei podcast ciò non è possibile, perché il canale di comunicazione è aperto solo in una direzione - dall’host agli ascoltatori. In questo senso i podcast sono più simili alla radio e alla televisione di quanto non lo siano ai social (a cui invece si possono accostare app come Clubhouse & Co.).

2⃣ La difficoltà di monitorare i contenuti falsi: per analizzare i contenuti audio parlati si usano tecniche di elaborazione del linguaggio naturale, il che implica innanzitutto un lavoro preliminare di trascrizione - un procedimento lungo e costoso. E individuare informazioni false in montagne di discorsi trascritti non è così semplice: la maggior parte non viene intercettata.

3⃣ Una percezione errata del mezzo: ricercatori e decisori politici ritengono i podcast meno problematici rispetto ai social in termini di fake news perché difficilmente un podcast riesce a diventare virale, nel senso comune del termine. Eppure diversi podcast, a partire da The Joe Rogan Experience, hanno migliaia o milioni di ascoltatori, che in virtù della relazione intima che spesso si instaura con l’host tendono a dare credito a ciò che dice.

4⃣ Una sottovalutazione dei podcast: molti prevedono da tempo la morte del mezzo e lo ritengono quindi poco rilevante. Invece i numeri degli ascoltatori, delle entrate pubblicitarie, dei podcast e dei podcaster sono in aumento da anni in tutto il mondo.

Rispetto al punto 1 un altro ostacolo è rappresentato dalle app di ascolto stesse. Né Spotify né Apple offrono agli ascoltatori uno strumento per segnalare in modo semplice eventuali informazioni false. Come fa notare Wirtschafter, gli utenti dovrebbero essere messi nella condizione di poter lasciare dei commenti o delle recensioni sotto i singoli episodi e bisognerebbe sperimentare nuovi modi per instaurare una conversazione tra podcaster e audience.

Per risolvere la situazione però non bisogna ragionare solo in un’ottica di moderazione dei contenuti, ma soprattutto ripensare l’infrastruttura dei podcast. Vale a dire, il feed RSS.

L’approvazione di un feed RSS di un podcast da parte di un’app per l’ascolto è un’operazione tecnica, che non comporta una verifica del contenuto. E qualora l’app decida di rimuovere il feed perché scopre che il contenuto include qualche tipo di violazione, ciò non significa che il medesimo feed - e quindi il medesimo contenuto - verrà eliminato automaticamente anche da altre piattaforme.

This […] infrastructure-level change will be difficult to implement but is fundamental to addressing the risks associated with the spread of misinformation.  

Sarebbe già un grande passo se almeno si cominciasse a discuterne.


Ci vediamo al Festival della Comunicazione?

Da venerdì a domenica sarò al Festival della Comunicazione per moderare alcuni eventi di Mondo Podcast, calendario di incontri dedicati ai podcast organizzato dal Festival in collaborazione con Audible e Rai Radio 3.

Questi gli eventi che condurrò (avranno tutti luogo nella Terrazza Miramare di Camogli e in streaming; può partecipare solo chi ha prenotato):

  • Venerdì 10/09, ore 16.30: “L’Italia s’è desta (ed è in ascolto): Nielsen IQ presenta i dati 2021 sul consumo di podcast in Italia”

  • Sabato 11/09, ore 10: “Quando l’apprendimento e sviluppo personale sono a portata di cuffie”

  • Sabato 11/09, ore 11: “Stare bene con un podcast”

  • Sabato 11/09, ore 16: “Appuntamento con il crimine”

  • Domenica 12/09, ore 10: “Dialoghi sulle donne per le donne”

P.s. Confesso che parlare in pubblico mi terrorizza, se sei da quelle parti è gradito un gesto di incoraggiamento.


Le notizie delle ultime settimane, in breve

  • HBO Max ha iniziato a creare i propri podcast esclusivi, a partire da Batman: The Audio Adventures.

  • Snippet è la prima casa di produzione di podcast brevi (sotto i 20 minuti).

  • Sul fronte Spotify: i risultati del secondo trimestre finanziario 2021 e il traino da parte dei podcast, il format Music & Talk è arrivato anche in Italia (ne scrive qui sotto Mirko Lagonegro), alcuni show a pagamento di terzi sono ora disponibili sulla piattaforma, perché la società sta trasformando in esclusive un numero crescente dei propri show, Julie McNamara è stata nominata head of U.S. studios and video operations.

  • I podcast non spingono solo i risultati finanziari di Spotify, ma anche quelli del New York Times.

  • Sul fronte di Clubhouse & Co.: la società di Paul Davison e Rohan Seth ha fatto sapere che ogni giorno vengono create 700 mila stanze e che ciascuna dura oltre 70 minuti, gli utenti iOS di Clubhouse hanno a disposizione l’audio spaziale, su Twitter Spaces si possono invitare due co-host, anche Amazon sta puntando sull’audio live, Callin è l’ultima arrivata tra le app di social podcasting.

  • Degli studi di SXM Media confermano l’efficacia degli annunci letti dall’host del podcast.

  • Dati di eMarketer mostrano come gli Usa dominano il mondo dei podcast in termini di produzione e penetrazione, ma è in Cina che il numero degli ascoltatori sta crescendo più velocemente (sebbene la percentuale degli ascoltatori sul totale della popolazione rimanga ridotta).

  • Nei primi cinque mesi del 2021 le spese per la pubblicità nei podcast negli Usa sono aumentate del 23,8%.

  • Hot Pod, la newsletter sui podcast fondata da Nick Quah, è stata comprata da Vox Media e diventerà il primo prodotto a pagamento di The Verge, a cura di Ashley Carman. Quah è passato invece a tempo pieno a The Vulture come critico dei podcast (ruolo che in Italia ancora non esiste, almeno non ufficialmente).


Spotify “Music & Talk” = radio? No, ma…

Di Mirko Lagonegro, ceo e cofondatore di Digital MDE

La notizia che più mi ha colpito durante la pausa estiva è sicuramente il lancio anche nel nostro Paese della funzione Music & Talk da parte di Anchor, piattaforma di hosting di proprietà di Spotify (qui un video che ne spiega il funzionamento). Non è una novità: come già scrivevo nel febbraio del 2019 c’era da attenderselo per chi, disponendo di accordi con le major discografiche per l’impiego di musica in modalità on-demand, avrebbe “facilmente” potuto rendere disponibile una tecnologia grazie alla quale consentire ai creators di produrre podcast contenenti canzoni edite (perché è chiaro a tutti che, sennò, nei podcast non si possono usare, in alcun modo e per alcuna ragione, brani musicali editi, vero?).

Ora, mentre attendiamo di sapere se anche gli altri OTT intendano fare lo stesso (hanno i medesimi accordi con le labels e uguali capacità tecnologiche, il punto è se vogliono farlo, essendo il mondo del podcast “ancillare” ai loro core business), veniamo alla “vera” questione: può questo servizio essere un’alternativa alla radio? Quale potrebbe essere, se mai ci fosse, l’impatto sui broadcaster?

Primo punto, con grande chiarezza: no, Spotify Music & Talk non è radio. L’essenza della radio, la sua funzione - specialmente da quando non è più “l’esclusivista” nella creazione e diffusione di contenuti sonori gratuiti – è oggi la capacità di offrire un’esperienza condivisa in grado di connettere le persone al momento presente. Spotify M&T è altro: sono contenuti di qualità, che contemplano anche l’uso di musica (storytelling, fiction, interviste, biografie, documentari e quant’altro sarà possibile creare per intrattenere utenti e veicolare i messaggi di un brand) la cui funzione è intrattenere/informare in modalità individuale e asincrona.

Nessuna conseguenza per la mia amata radio, quindi? Non esattamente. Credo che, nel medio-lungo periodo, l’ineludibile cambio di abitudine del pubblico più giovane, sempre più orientato alla fruizione di contenuti on-demand a scapito di quelli lineari (sport e poco altro a parte), li porterà a soddisfare le necessità che i più adulti continuano a demandare alla radio con un mix di altri servizi: la playlist quando vogliono la loro musica, M&T e i podcast quando vogliono i loro contenuti parlati, i social per essere connessi agli altri e al presente - e questo sicuramente genererà un impatto sui broadcaster.

Quindi? Resto dello stesso parere di due anni e mezzo fa: «È prioritario che la radio si doti delle competenze e delle tecnologie con le quali definire un modello di business applicabile nel contesto digitale da affiancare in logica complementare a quello "classico", ché con buona pace degli ultras dello streaming e dei mujaheddin dell’FM/DAB, qui non è questione di lineare o on demand, ma di lineare e on demand».

Si può fare e alcuni lo stanno già facendo (o sono lì lì per farlo).  


Consigli di lettura

  • Il significato del Digital News Report del Reuters Institute per la tua strategia audio.

  • Perché i podcaster indipendenti sono in pericolo.

  • Qualche consiglio per buttarsi nel giornalismo audio freelance.

  • Siamo ancora nella fase 1.0 del podcasting?

  • Spotify ha più a cuore i podcast della musica?

  • Chi vincerà quando gli indirizzi IP spariranno, come minaccia Apple?

  • Una cronaca del caotico lancio di Apple Podcast Subscriptions.

  • L’esperienza con Apple Podcasts Subscriptions di Darknet Diaries, che in un mese e mezzo è riuscito a ottenere 670 iscritti a pagamento.

  • In che modo alcuni editori europei stanno facendo funzionare i loro podcast a pagamento.

  • Le previsioni sul mercato pubblicitario dei podcast e l’ingresso di Amazon nel settore.

  • Un manifesto per le app di ascolto di podcast.

  • Le risposte alla domanda più importante nel podcasting: come faccio a far crescere la mia audience?

  • I podcast come strumenti di insegnamento.


Le novità da ascoltare

Nelle settimane di assenza mi sono segnata un bel po’ di cose. Non sono riuscita ad ascoltare tutto, ma in ogni caso ti lascio qui l’elenco completo dei podcast e degli audiolibri che ho appuntato.

PODCAST: Vlora - La nave che sfondò il muro (sul viaggio disperato di 20 mila persone dall’Albania a Bari l’8 agosto 1991), Mindset da campioni (dieci campioni italiani dello sport intervistati su dieci tematiche relative allo sport stesso), Amare male (gli scanzonati consigli d’amore del poeta e scrittore Guido Catalano), M49 (sulla vicenda dell’orso fuggitivo del Trentino), Le ombre di via Poma (sull’omicidio di Simonetta Cesaroni il 7 agosto 1990 a Roma), Il gastronauta on the road (un viaggio nel mondo del gusto attraverso le voci dei suoi protagonisti), Il calcio visto da Venere (con le voci delle donne che stanno cambiando l’universo del calcio femminile in Italia), 40 anni, una voce (la storia, i protagonisti e le battaglie dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980), Cronache del male (undici storie di crimine raccontate dal punto di vista dei cronisti che per primi hanno seguito il caso), Angela (la storia, il metodo e le intuizioni della cancelliera tedesca, Angela Merkel), Archivi criminali (che ricostruisce storie criminali del passato tramite documenti, carte e archivi), Mindfulness - I ritiri (tre “home retreat” guidati), Complotti (con le storie dietro a dieci celebri complotti), Tracce. 100 anni di terroristi (i protagonisti della storia del terrorismo moderno), Sopravvissuti. Il mondo dopo l'11 settembre (il racconto in presa diretta dell11 settembre 2001 attraverso testimonianze e gli archivi audio di Radio 24).

AUDIOLIBRI: Tra i nuovi audiolibri disponibili su Audible che mi sono segnata ci sono La scienza del respiro di Mike Maric (letto da Carlo Fava), L’enigma della camera 622 di Joël Dicker (letto da Paolo Buglioni), Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra di Claudia Durastanti (letto da Liliana Bottone e Pierpaolo De Mejo), Ho fatto la spia di Joyce Carol Oates (letto da Aurora Peres), Nuovo Decameron di autori vari (letto da Francesco Leonardo Fabbri, Martina Felli, Perla Liberatori, Alberto Lori), Un fuoco che brucia lento di Paula Hawkins (letto da Carolina Crescentini). Su Storytel invece vorrei ascoltare Le api d’inverno di Norbert Scheuer (letto da Tommaso Banfi), Il capitale umano di Stephen Amidon (letto da Jacopo Calatroni), Spatriati di Mario Desiati (letto da Paolo Russo), Memorie di un dittatore di Paolo Zardi (letto da Gaetano Lizzio), Nomadland di Jessica Bruder (letto da Cinzia Spanò), L’amante silenzioso di Clara Sánchez (letto da Jenny De Cesarei) e Arsenio Lupin di Maurice Leblanc (letto da Alessio Mizzan). Ninfee nere di Michele Bussi (letto da Paolo Cresta) è sia su Audible sia su Storytel.


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