La Primavera Araba ai tempi delle app di social audio
In Messico 500 mila persone si sono riunite su Twitter Space per difendere un giornalista sotto attacco da parte del presidente. Nessuno Space prima aveva mai visto unapartecipazione tale
Ciao! Oggi vi scrivo dal Portogallo, dove mi trovo per un reportage per 7.
Nel frattempo sto ascoltando i podcast candidati a ilpod e leggendo le centinaia di candidature per la Chora Academy (abbiamo già superato di gran lunga il migliaio). Insomma, sono giornate intense 😬
Vi saluto con un regalo. Avete presente Wordle, il gioco di parole che ha da pochissimo comprato il New York Times? Ecco a voi Poddle, la versione basata sui nomi dei podcast 😎
#TodosSomosLoret
Oggi voglio raccontarvi una storia che arriva dal Messico. È una storia che, tra le altre cose, dà l’idea delle enormi potenzialità delle app di social audio come strumenti per fare attivismo e creare community.
Questa storia parte con un’inchiesta di un reporter messicano. Il suo nome è Carlos Loret de Mola ed è uno dei giornalisti più popolari del Messico (Paese dove solo nelle prime sei settimane del 2022 di giornalisti ne sono stati ammazzati cinque).
L’inchiesta di cui sto parlando riguarda il primogenito del presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador (detto Amlo). Il figlio di Amlo e la sua famiglia tra il 2019 e il 2020 hanno vissuto in una lussuosa villa a Houston, in Texas. Ed è proprio su questa villa che ha indagato Loret de Mola. Il proprietario della casa, ai tempi, era tra gli alti dirigenti di una società statunitense che ha vinto contratti milionari con la Pemex. La Pemex è la più grande azienda petrolifera messicana ed è pubblica. Si sarebbe trattato, insomma, di un conflitto di interessi.
L’inchiesta ha dato parecchio fastidio ad Amlo. Il presidente, per vendicarsi, durante una conferenza stampa ha mostrato pubblicamento il (presunto) reddito di Loret de Mola, ha detto che il giornalista guadagna 15 volte quanto lui e ha insinuato che è corrotto.
L’iniziativa di Amlo ha fatto infuriare centinaia di migliaia di persone. A criticarlo sono stati anche parecchi politici. Il presidente ha infatti violato l’articolo 16 della Costituzione messicana, secondo cui ogni cittadino ha diritto alla protezione dei propri dati personali.
Venerdì 11 febbraio l’account Twitter Sociedad Civil Mexico ha lanciato uno Space (ossia una chat audio) per sostenere Loret de Mola.
Nessuno si immaginava che avrebbe potuto avere un successo simile.
«Non c’era mai stato uno Space così grande prima. Si sono allineate le stelle. È stata un’occasione importante per alzare la voce in nome dei diritti umani e della libertà costituzionale», mi ha detto durante una telefonata su Telegram il fondatore di Sociedad Civil Mexico (che, per timore di ritorsioni, preferisce rimanere anonimo).
In totale i partecipanti sono stati oltre mezzo milione, con picchi fino a 67 mila persone in contemporanea. C’è chi ha creato un account Twitter solo per partecipare a quello che in poco tempo si è trasformato in un evento di dimensioni gigantesche.


Persone normali, politici, personaggi influenti hanno espresso le loro opinioni e hanno discusso per quasi dieci ore, fino a notte fonda. L’hashtag #TodosSomosLoret è diventato trending topic a livello mondiale. La registrazione dello Space su Twitter è stata poi riprodotta oltre due milioni di volte, senza contare le riproduzioni su altre piattaforme. E nel giro di dieci giorni l’account Sociedad Civil Mexico è passato da 85 mila a 154 mila follower.
«Twitter Space può rappresentare una finestra di comunicazione per i cittadini, laddove i media mainstream si autocensurano. Andremo avanti per la nostra strada, anche se il nostro account è stato preso di mira dal governo», mi ha detto il fondatore di Sociedad Civil Mexico.
L’account è nato poco prima delle elezioni presidenziali del 2018 per sostenere il «voto utile». «Molti di noi sapevano chi era davvero Amlo. E sapevamo che, con il suo autoritarismo populista, rappresentava un rischio. Aveva fatto campagna elettorale per 18 anni (nel 2000 fu eletto Capo del governo di Città del Messico, ndr), dimostrandosi una persona che non rispetta lo stato di diritto e le istituzioni e che usa la povertà come bandiera politica. E negli anni ‘70 aveva militato nel PRI (Partido Revolucionario Institucional, ndr), che ha governato per oltre 70 anni generando parecchio malcontento».
Dopo la vittoria di Amlo @SocCivilMx ha iniziato a occuparsi di tematiche relative alla società civile, ai diritti umani e anche al cambiamento climatico (nel momento in cui Amlo si è messo contro le energie rinnovabili). Twitter Space è arrivato nell’aprile 2021. «Partecipavo alle stanze su Clubhouse per capire qual era la dinamica. Lì era quasi tutto in inglese. Quando è nato Twitter Space ho deciso di provare a fare qualcosa in spagnolo», mi ha raccontato il fondatore dell’account. «Da allora abbiamo organizzato oltre 300 Space, in alcuni periodi uno al giorno. Siamo in cinque, ma di questi solo tre facciamo i moderatori. È incredibile quanta gente abbia voglia di parlare. Gli Space sono punti di incontro, come in una pubblica piazza. Sono luoghi inclusivi e includenti, a volte persino terapeutici, dove realizzi che molti la pensano come te. Ed è bello scoprirlo».
Con il tempo gli Space di Sociedad Civil Mexico si sono evoluti. Oggi nella maggior parte dei casi rappresentano un’opportunità per ascoltare parlare personaggi pubblici, in un «esercizio democratico di rendición de cuentas (ossia un’iniziativa mirata a informare i cittadini sugli esiti di determinate attività, ndr). Abbiamo invitato anche membri del governo, ma per ora non hanno accettato».
Per il fondatore di @SocCivilMx quello che lui e le altre persone dietro l’account fanno è un lavoro per la comunità: «Per diverso tempo ci siamo impegnati a spiegare a chi partecipava agli Space come funziona il governo, in che modo è strutturato il potere eccetera. Il nostro obiettivo è creare cittadinanza, far sì che le persone partecipino alla politica. Perché le cose possono cambiare solo se si partecipa. Ma per partecipare bisogna essere informati».
* * *
Le rivoluzioni dal basso in Nord Africa che tra la fine del 2010 e il 2011 scaturirono in quella che sarebbe stata chiamata Primavera Araba nacquero anche grazie ai social. Molte persone utilizzarono Facebook e Twitter per esprimere il loro dissenso, fare rete e organizzare manifestazioni.
Come ha osservato Pablo Fernández Delkáder su Sonograma, A distanza di oltre dieci anni potrebbero essere le app di social audio a dare origine alla prossima rivoluzione.
Le notizie della settimana
Spotify ha comprato Chartable e Podsights. La prima è una piattaforma di analisi dei podcast che permette agli editori di conoscere e far crescere il loro pubblico. Il secondo è un servizio che aiuta gli inserzionisti a misurare meglio e a scalare la loro pubblicità podcast. Attraverso l’acquisizione di Chartable Spotify mira a migliorare la suite di strumenti di Megaphone (piattaforma di hosting dedicata ad editori e inserzionisti che Spotify ha comprato nel novembre 2020). Mentre con gli strumenti di Podsights gli inserzionisti potranno analizzare l’impatto dei loro annunci pubblicitari (in un secondo momento i tool di Podsights verranno usati anche per gli annunci nella musica). Per Spotify queste acquisizioni sono di sicuro molto positive. Ma lo sono anche per il settore dei podcast in generale?
È uscito un nuovo studio di Edison Research e Ad Results Media sui “super listener”, persone che ascoltano podcast almeno cinque ore alla settimana. Emergono diversi dati interessanti, tra cui quelli sulla pubblicità: la maggior parte degli intervistati da un lato ritiene che la pubblicità podcast sia efficace (più di quella su altri mezzi), dall’altro pensa che la pubblicità podcast è aumentata (troppo) in quantità sia in lunghezza.
Queste slide invece mostrano perché Spotify & Co. cercano sempre più di accaparrarsi podcast in esclusiva (a proposito degli accordi di esclusiva di Spotify Business Insider ha pubblicato un articolo piuttosto critico)…
…E queste altre danno ragione ad Ashley Carman, secondo cui l’obiettivo di Spotify con le ultime due acquisizioni è battere Youtube.
In base a quanto riporta il New York Times, Spotify avrebbe pagato oltre 200 milioni di dollari (non 100, come si credeva) per distribuire in esclusiva il podcast di Joe Rogan.
Due notizie su iHeartMedia, il più grande produttore di podcast al mondo. La società ha stretto una partnership con Sounder per portare la brand safety nell’audio. Inoltre ha annunciato che userà la tecnologia di sintesi vocale di Veritone per permettere ai propri podcaster di tradurre i loro podcast in altre lingue ed entrare così in nuovi mercati.
Le novità dell’app Apple Podcasts con l’aggiornamento iOS 15.4, a partire dalla possibilità di filtrare gli episodi.
Edison Research ha pubblicato il suo primo ranker dei principale network di podcast statunitensi in base al reach. Al vertice c’è SXM Media, seguito da Spotify e iHeartRadio.
Quasi un quarto degli statunitensi si informa attraverso i podcast.
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Azione e reazione
Di Mirko Lagonegro, ceo e cofondatore di Digital MDE
Avete presente la terza legge di Newton, quella secondo la quale ad ogni azione ne consegue una uguale e contraria? Beh, è esattamente quello che mi è venuto in mente osservando gli ultimi fatti avvenuti nel contesto audio. Le forze in campo, quelle a cui mi riferisco, sono le piattaforme e i publisher “tradizionali”: le prime sono impegnate nel rafforzare il loro ruolo di punto primario di accesso ai contenuti audio, quindi di interlocutore d’elezione per gli inserzionisti pubblicitari. I secondi – pienamente consapevoli del rischio che corrono, essendo stati essi stessi dei gateway d’accesso a distribuzione e monetizzazione - stanno sempre più velocemente attuando tutte le contromisure per evitare che ciò accada.
La cronaca è sempre più ricca di esempi di queste azioni: l’ultimo, di cui vi ha già detto Andrea, è il recentissimo acquisto da parte di Spotify di Podsights e Chartable, due aziende tecnologiche che offrono servizi di misurazione e analisi del contesto podcast ad inserzionisti e editori. Sebbene Spotify si sia affrettata a precisare che non utilizzerà i dati degli altri editori a proprio vantaggio, più d’un operatore ha storto il naso. Tant’è che un ottimo analista del settore audio-tech, Bryan Barletta, ha così riassunto la questione:
«L'analisi e l'attribuzione di terze parti sono fondamentali per un ecosistema pubblicitario in crescita. Spotify ha acquistato due grandi tecnologie e talenti di prim'ordine, ma a causa dei suoi tanti ruoli - editore, piattaforma di hosting e venditore di spazi pubblicitari – Podsight e Chartable oggi rischiano di non essere più considerate “neutrali”».
Manco a dirlo, la reazione dei publisher non ha tardato a manifestarsi: dopo la decisione del New York Times di creare la propria app audio o, per venire dalle nostre parti, il lancio delle piattaforme dei grandi gruppi editoriali italiani (Rai, Gruppo Gedi e Sole24Ore), ecco che la BBC ha comunicato l’avvio di un processo per cui renderà disponibili alcuni suoi contenuti esclusivamente sulla sua app BBC Sounds. Bauer, altro grande publisher britannico, ha deciso che le sue emittenti non saranno più ascoltabili tramite piattaforme di terze parti. NRK (Norvegia) e Radio France hanno deciso di rimuovere gli episodi più datati delle loro produzioni dalle piattaforme di podcasting per spingere gli utenti sulle rispettive app proprietarie.
Ora, è chiaro che l’idea stessa di ridurre le opportunità per l’utenza di scoprire nuovi podcast abbia “qualche” controindicazione, ma poiché la crescita del digital audio sta raggiungendo un livello in cui la monetizzazione può essere piuttosto redditizia, il disporre di una propria app, cioè di utenti registrati che generano dati proprietari, quelli cosiddetti di prima parte, diviene per i publisher un obiettivo fondamentale da perseguire, anche qualora costasse loro il rischio di ridurre un po’ l’esposizione dei loro contenuti sulle piattaforme d’ascolto.
Davvero una situazione in progress, e non si pensi che contempli solo il meccanismo azione e reazione. Pare infatti che a breve anche in Italia Spotify offrirà agli editori la possibilità di entrare a far parte del loro Audience Network, soluzione con cui potranno distribuire e monetizzare i loro contenuti già adottata da editori quali ViacomCBS e il Wall Street Journal (che hanno evidentemente fatto loro la massima di Giulio Cesare «Se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico»). Insomma, la velocità del consolidamento del contesto audio, fase “fisiologica” che caratterizza il passaggio di ogni industria da una fase iniziale ad una più strutturata, continua ad aumentare, imponendo sempre più a tutti gli attori del settore l’elaborazione e l’adozione di una digital audio strategy.
Perché, tra azione e reazione, l’unico rischio è dato dall’inazione.