"Questioni d’orecchio", una newsletter di Andrea F. de Cesco

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I follower non bastano (più)

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I follower non bastano (più)

Scegliere un influencer come host per un podcast è una garanzia di successo? No, come non lo è far scrivere un libro a una star dei social. Con un'offerta così ampia, è su altro che bisogna puntare

Andrea F. de Cesco
Jan 11, 2022
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I follower non bastano (più)

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Illustrazione di Susanna Gentili

L’ultima volta che vi ho scritto è stata per chiedere il vostro parere attraverso un sondaggio.
La domanda era: “Preferisci continuare a ricevere un'unica newsletter oppure ti piace l'idea di dividere
Questioni d'orecchio in due uscite?”.
Il 67,2% delle persone ha scelto la seconda opzione. E così da questa settimana riceverete due newsletter: una il martedì con notizie, approfondimenti, interviste, analisi e commenti, l’altra il giovedì con consigli di ascolto e di lettura.
Nel sondaggio avevo domandato anche se, nell’eventualità della doppia uscita, avreste preferito la combo martedì-giovedì o quella mercoledì-venerdì. A dire il vero, l’opzione mercoledì-venerdì ha ottenuto la maggioranza delle preferenze (56,8%). Ma, come mi ha fatto notare più di unə tra voi e come in realtà sapevo già io stessa (sono iscritta a decine di newsletter), il venerdì è già più che saturo. Motivo per cui ho preferito la combo martedì-giovedì.
Non so se sarà la soluzione definitiva. Proviamo, vediamo come va. Se per qualsiasi motivo non dovesse funzionare sono pronta a tornare indietro o a testare un’altra strada. Fatemi sapere: come sempre, vi leggo con grande piacere e interesse.
Ringrazio tuttə coloro che hanno partecipato al sondaggio e che hanno lasciato dei commenti 💞


I follower non bastano (più)


Millions of Followers? For Book Sales, ‘It’s Unreliable.’

Quello che avete appena letto è il titolo di un articolo uscito qualche settimana fa sul New York Times. La giornalista Elizabeth A. Harris, un’esperta di editoria, spiega che - al contrario di quanto si potrebbe pensare - non sempre i libri scritti da autori o autrici con un grande seguito sui social media diventano dei successi in termini di vendite.

Il seguito di un autore è diventato una parte standard dell'equazione quando gli editori decidono se acquistare un libro. Spesso il numero di follower incide sulla scelta di chi otterrà un contratto per un libro e sull’importo dell'anticipo pagato all'autore, soprattutto quando si tratta di saggistica. Ma nonostante la loro importanza, i follower sono visti sempre di più come indicatori imprevedibili rispetto a quanto potrà vendere un libro.

Harris fa l’esempio di Billie Eilish (💓). La cantautrice ha 97 milioni di follower su Instagram e 6 milioni su Twitter. «Se solo una frazione [di follower] comprasse un suo libro, sarebbe un successo», scrive la giornalista. Ma il primo libro di Billie, a metà tra l’autobiografia e l’album fotografico, negli Usa ha venduto solo 64 mila copie cartacee. L’investimento dell’editore, Hachette, è stato di oltre un milione di dollari.

Un altro esempio? Justin Timberlake. Anche il suo libro, Hindsight, è stato comprato per oltre un milione di dollari. Ma quando è uscito, nel 2018, Timberlake aveva dei problemi alle corde vocali e non è riuscito a promuoverlo come lui e la casa editrice, Harper Design, avrebbero voluto. Forse è anche per questa ragione che il volume da allora ha venduto appena 100 mila copie cartacee, a fronte dei 53 milioni di follower che Timberlake aveva a quel tempo su Instagram.

Non sempre va male, sia chiaro. Prendiamo un caso italiano: quello di Camilla Boniardi, aka Camihawke (1,3 milioni di follower su Instagram). Il suo romanzo d’esordio, Per tutto il resto dei miei sbagli (Mondadori), ha venduto 36 mila copie in due settimane - moltissime per il mercato italiano - e per diverso tempo è stato in cima alla classifica dei libri più venduti.

Il mercato dei podcast, in questo senso, ricorda molto quello dei libri.

Pensate a quanti podcast condotti da star dei social esistono. Spesso in questi casi la logica degli editori (di podcast) è riassunta nella frase di Harris che ho riportato: «Se solo una frazione [di follower] comprasse un suo libro ascoltasse il podcast, sarebbe un successo».

Un recente sondaggio di Acast e Nielsen sembra suggerire che gli ascoltatori, almeno negli Usa, desiderano proprio questo: podcast condotti da influencer o Youtuber.

«Prevediamo che questo desiderio dei consumatori quest’anno spingerà i creatori di contenuti […] a prendere in mano i microfoni e testare le acque del podcasting», ha detto a Hollywood Reporter Tommy Walters, North America Commercial Insights Manager di Acast.

Gli influencer che si sono dati al podcasting con più o meno successo sono già moltissimi, in tutto il mondo. Soprattutto perché i podcast sono un ottimo strumento per creare con il proprio pubblico una relazione forte, persino intima in certi casi.

Qualche esempio? Lo youtuber Logan Paul, le tiktoker Charli e Dixie D’Amelio, Emma Chamberlain, Paris Hilton, Diletta Leotta, Fedez e Luis Sal, la stessa Camihwke…

Sicuramente affidare la conduzione di un podcast a un influencer ha dei vantaggi.

Negli Stati Uniti, dove i cosiddetti host-read ads (ossia gli annunci pubblicitari letti dall’host del podcast) vanno per la maggiore come tipologia di pubblicità, agli occhi degli inserzionisti è senza dubbio meglio se la voce del conduttore appartiene a un personaggio noto. (Gli host-read ads hanno un tasso di richiamo del 71% contro il 62% degli spot letti da unə speaker).

Per quanto riguarda l'Italia, gli influencer risultano avere influenza nel promuovere l’ascolto dei podcast per due ascoltatori su tre, con un peso particolarmente forte tra i più giovani (74% degli under 35 vs 54% degli over 45).

Ma il fatto che un influencer conduca un podcast significa che quel podcast avrà successo o, quantomeno, un alto numero di ascolti?

Come per i libri, la risposta è: non sempre, è impossibile prevederlo. Dipende da vari fattori.

In generale, il problema è che - come per i libri - l’offerta sta crescendo molto più rapidamente della domanda.

Solo nel 2021 su Spotify sono stati aggiunti oltre 1,2 milioni di nuovi podcast, di cui l’80% è stato caricato da creator indipendenti attraverso Anchor. Su Apple Podcasts invece ne sono stati aggiunti 570 mila.

«È difficile per i nuovi show trovare un pubblico. Ogni nuovo podcast ha un pubblico più piccolo rispetto ai suoi predecessori», scrive Lucas Shaw su Bloomberg.

Mentre il pubblico complessivo per il podcasting si espande, il pubblico per i singoli nuovi show si sta riducendo su tutta la linea. […] Il numero di nuovi podcast è cresciuto più velocemente del pubblico dei podcast, e così il numero di ascoltatori per show sta scendendo. La lista degli show che competono per essere quel podcast che deciderai di provare durante la tua passeggiata del fine settimana è più lunga dell'arretrato di show televisivi che hai in programma di guardare. Di conseguenza, scoprire nuovi podcast è più difficile che mai.

Come nota Shaw, gli ascoltatori di podcast sono fedeli nei confronti degli host dei loro podcast preferiti. Non a caso, nessuno dei dieci podcast più popolari negli Usa nel 2021 ha debuttato negli ultimi due anni. Se ci innamoriamo di un podcast, preferiamo continuare ad ascoltare quello anziché virare su altro. Secondo una recente indagine, è 7,7 volte più probabile che un podcaster di successo abbia pubblicato oltre 100 episodi e 15,8 più probabile che ne abbia pubblicati oltre 200.

C'è stato un periodo nel podcasting in cui gli studi di produzione pensavano che tutto quello che dovevano fare era mettere una celebrità alla conduzione di un podcast e attrarre così una buona fetta del suo pubblico. Ma i podcast condotti da celebrità non sono più una novità adesso che così tanti influencer hanno un podcast.

Ora più che mai per emergere servono innovazione, creatività, massima qualità.
Oltre che investimenti e ottime strategie sul fronte del marketing.
Anche quando l’host è un*influencer.

Insomma, i follower ormai non bastano (più).


Le notizie delle ultime settimane

  • Per chiunque sia interessato a ciò che accade nel mondo dell’informazione, il report Journalism, Media, and Technology Trends and Predictions del Reuters Institute è uno strumento preziosissimo. Nell’edizione 2022, che è appena uscita, podcast & audio digitale e newsletter risultano i fronti su cui la maggior parte degli editori vuole investire (l’80% nel caso di podcast & audio digitale, il 70% per quanto riguarda le newsletter).
    Alla luce di questi dati Questioni d’orecchio, newsletter che parla di podcast e audio digitale, sembra una buona intuizione. No? 😃

  • La New York Times Company ha raggiunto un accordo per comprare The Athletic per 550 milioni di dollari. The Athletic è una testata sportiva con 1,2 milioni di abbonati che produce svariati podcast.

  • Spotify ha introdotto un nuovo formato pubblicitario per i podcast: le Call-to-Action Cards, ossia delle card cliccabili.

  • Secondo un nuovo report basato su una serie di sondaggi condotti in Usa, Uk, Francia e Germania, gli ascoltatori di podcast sono per lo più uomini, ascoltano in larga parte di sera, scoprono nuovi podcast soprattutto attraverso i social e - ancor di più - le app d’ascolto e utilizzano in prevalenza Spotify, seguita da Apple Podcasts e Amazon Music.

  • Negli Usa l’audience dei podcast risulta sempre più multietnica (lo rilevano sia un’analisi di Nielsen sia un report di iHeartMedia).

  • LinkedIn ha lanciato, in fase test, delle stanze audio in stile Clubhouse.

  • Mentre Clubhouse ha introdotto la possibilità di ascoltare le stanze online, senza dover scaricare l’app.

  • Dopo una battaglia legale durata due anni la U.S. International Trade Commission ha stabilito che Google ha violato cinque brevetti di Sonos relativi agli smart speaker. La Mela ha due mesi per adeguare i propri prodotti di conseguenza.

  • Il primo gennaio 400 mila registrazioni audio che risalgono a prima del 1923 sono diventate di dominio pubblico, così come svariati libri (tra cui Winnie the Pooh e Bambi), film muti e canzoni.

  • È uscito per Einaudi Romanzo di un naufragio, il libro di Pablo Trincia sul naufragio della Costa Concordia. Trincia ha scritto il libro mentre lavorava al podcast dedicato alla stessa vicenda, Il dito di Dio (in esclusiva su Spotify).


Nuovo anno, vecchie sfide

Di Mirko Lagonegro, ceo e cofondatore di Digital MDE

In questi primi giorni del 2022 alcune notizie hanno attirato la mia attenzione.

La prima: pochi giorni fa il NYT si è comprato The Athletic, un giornale sportivo a pagamento fondato sei anni fa da due startupper che hanno visto prima di tutti lo spazio disponibile per chi avesse saputo creare un’offerta di contenuti sportivi a livello locale.
Per quanto possa sembrare un controsenso in quest’era globale, ha funzionato sia negli US sia, più recentemente, in UK, tanto che il NYT ha dovuto staccare un assegno di circa 550 milioni di dollari.

Che c’entra col podcasting?

A parte che The Athletic ha un’ampia offerta audio, secondo me questo accordo è indicativo di quanto sia sottovalutato il potenziale del formato podcast a livello locale, in termini sia di audience sia di revenue.

Attenzione, però: è bene ricordarsi che con l’audio prima è necessario costruirselo, un pubblico, e solo dopo adoperarsi per monetizzarlo, ché mica funziona come con i contenuti digitali “visual”.

Poi, una serie di notizie apparse durante l’edizione 2022 del CES, il Consumer Electronic Show, la fiera dell’elettronica di consumo che s’è tenuta a Las Vegas tra il 5 e l’8 gennaio, hanno fornito l’ennesima conferma della “saldatura” in atto tra il mondo della tecnologia e quello della mobilità: le ultime evoluzioni di Android Auto, il debutto della startup turca Togg, che si ripromette di  trasformare l’auto in uno smartphone di nuova generazione, l’alleanza tra Stellantis* e Amazon per lo sviluppo dell'auto connessa.

Che c’entra col podcasting?

Abbastanza, ma ancora di più ha a che fare con la mia amata radio. Spesso ho sentito dire da molti broadcaster che l’automobile è stata e continuerà a essere un loro feudo inattaccabile, il posto in cui, una volta patentati, anche i più giovani inizieranno ad ascoltarla. Me lo auguro, ma non ne sono affatto convinto: quando una nuova user experience viene resa disponibile, difficilmente l’utenza torna indietro, come potete vedere da questa infografica, estratta da un report di Morgan Stanley** rivolto ai propri clienti in US.

Alla fine, è la solita storia: c’è chi, affrontando una nuova situazione, vede i rischi che può correre, e chi invece intravede nuove opportunità. Sta tutto nello scegliere chi dei due voler essere... 

*Stellantis è “cugina” del Gruppo Editoriale Gedi, sempre più attivo nel digital audio ( e non credo affatto sia un caso).

** Morgan Stanley è un investitore di Spotify, e più d’un osservatore ha ritenuto il report eccessivamente “di parte”. D’altra parte, i dati sulla differenze generazionale nella fruizione di audio restano questi.


Il mercato dei podcast negli Usa

L’infografica è opera di Bryan Barletta e Magellan AI

👉 Chi possiede chi nel podcasting?

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