"Questioni d’orecchio", una newsletter di Andrea F. de Cesco

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Spotify, i podcast e la Gen Z: «La sfida è conquistare il tempo per l'intrattenimento»

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Spotify, i podcast e la Gen Z: «La sfida è conquistare il tempo per l'intrattenimento»

Eduardo Alonso, head of studios SEE, racconta la strategia dell'azienda: «Investiamo sui talenti locali. Le accuse di monopolio? Ci sono molte altre alternative, noi vogliamo costruire la migliore»

Andrea F. de Cesco
Oct 13, 2021
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Spotify, i podcast e la Gen Z: «La sfida è conquistare il tempo per l'intrattenimento»

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L’illustrazione di “Questioni d’orecchio” è opera della mitica Susanna Gentili

Negli ultimi giorni Spotify ha annunciato parecchie novità sul fronte dei podcast. Tra le principali ci sono i nuovi strumenti di monetizzazione negli Usa, l’adesione alla Global Alliance of Responsible Media, l’introduzione della playlist personalizzata Il mio Daily e il lancio di quattro nuovi Original in italiano (BISCOTTIS, Storie dell’Internet di The Jackal, UltràDelicious di Maurizio Tentella, Tutte le volte che di Camihawke e Alice Venturi e Ikaros – Le Ali di Cera del Rock di Morgan).

L’azienda ha anche condiviso una serie di dati che danno una chiara idea della crescita esponenziale dei podcast sulla sua piattaforma.
👉Tra gennaio e settembre 2021 oltre 84 milioni di persone nel mondo hanno ascoltato un podcast per la prima volta.
👉Oggi su Spotify sono disponibili oltre tre milioni di show, il 2.500% in più del 2018.
👉Tra il settembre 2020 e il settembre 2021 sono stati aggiunti circa 1,5 milioni di nuovi podcast, l’85% in più rispetto all’anno precedente.
👉Per quanto riguarda il catalogo in lingua italiana l’espansione nell’ultimo anno è stata dell’89%.

I numeri in questione e gli annunci relativi al mercato del podcasting nel nostro Paese sono stati presentati in un evento digitale riservato alla stampa italiana. Al margine di quell’evento ho avuto l’occasione di intervistare a Eduardo Alonso, Spotify Head of Studios per il Sud e l’Est Europa (SEE), a cui due settimane fa avevo già fatto un paio di domande su Sound Up Italia (a proposito: il programma ha ricevuto quasi mille candidature).

[L’intervista è stata editata e, in alcuni punti, tagliata per renderla più chiara]

Come sta procedendo il mercato dei podcast in Sud Europa e in particolare in Italia?
«
Quello che vediamo ora è un boom nella produzione. La pandemia ha avuto un grande impatto, e si vede anche dalle categorie che sono cresciute di più (Benessere e Salute Mentale, Educazione, Società e Cultura, Arte e Intrattenimento, Commedia…). In un certo senso è stata un punto di partenza per la rivoluzione che stiamo vivendo. La cosa positiva è che non è rimasto un fenomeno pandemico, ma è cresciuto nel resto dell’anno.
Per quanto riguarda l’Italia la vera rivoluzione per noi è cominciata lo scorso febbraio, quando abbiamo lanciato i primi contenuti esclusivi in italiano. Da allora ne abbiamo realizzati 14».

Attualmente il 25% degli utenti Spotify ascolta podcast. Come si può dare una spinta al mercato e raggiungere il restante 75%?
«Innanzitutto bisogna investire sui contenuti e sui talenti locali, anche attraendo creator che ora lavorano in altri formati o in altri media. È poi necessario continuare a lavorare sullo sviluppo tecnologico. Uno dei nostri pilastri è proprio migliorare l’esperienza degli utenti affinché scoprire nuovi contenuti personalizzati sia il più facile possibile. Inoltre ci impegniamo a facilitare i partner che lavorano con noi (produttori indipendenti, produttori medi, grandi corporation della comunicazione come Sky), dando loro la possibilità di usare la piattaforma per entrare in contatto con la loro audience, conoscere meglio gli analytics e la performance dei loro prodotti eccetera».

A proposito di raccomandazioni, quando vedremo anche in Italia playlist editoriali?
«In generale, Spotify ha classifiche algoritmiche, editoriali e algotorial (dove il lavoro degli algoritmi si mescola con quello degli esseri umani). Ci serviamo di tutti questi strumenti per migliorare le raccomandazioni per gli utenti. In Sud Europa esiste una squadra dedicata ai podcast che sta già lavorando dietro le quinte per creare classifiche editoriali. Siamo in una fase di evoluzione, nei prossimi mesi si vedrà un salto qualitativo».

Nel settore dei podcast come in molti altri, i ragazzi e le ragazze della generazione Z rappresentano un segmento di pubblico fondamentale. Come vi state muovendo per fidelizzarli all'ascolto di podcast? (Secondo una recente ricerca il 47% degli ascoltatori di podcast della generazione Z usa Spotify).
«La generazione Z ha moltissime opportunità di intrattenimento e noi dobbiamo essere una di quelle. Stiamo lavorando su format che siano in grado di creare una buona connessione con i ragazzi di questa età. Degli esempi sono
Senti20 o Tutte le volte che. L’idea è di continuare in quella direzione e imparare a parlare lo stesso linguaggio della generazione più giovane. Lo possiamo fare anche attraverso i talent che già ascoltano, anche se su altri media. Il nuovo studio di Ipsos sull’audio digitale dice che due ascoltatori su tre ascoltano podcast consigliati dai loro influencer di riferimento e che lo speaker è sempre più un driver di scelta soprattutto tra i giovani. L’host di un podcast permette di attrarre determinate audience. Siamo al lavoro con i migliori partner nel mercato italiano e con i migliori creator per trovare quelle voci e quei produttori che capiscano bene la generazione Z, così da creare più contenuti per il catalogo».

Quali sono le principali peculiarità della generazione Z, come audience?
«Vivono in un universo iper saturato di schermi, dove hanno un eccesso di informazioni su molte cose. Sono nati in un mondo già digitalizzato, con un sacco di piattaforme complementari a disposizione: YouTube, TikTok, Twitch… Spotify compete con queste piattaforme per lo stesso spazio e lo stesso tempo. Certo, l’esperienza con l’audio è diversa, sia per gli ascoltatori sia per i creator: ti permette di creare un ambiente più intimo del video. Anche se nel prossimo anno vorremmo integrare il video come funzione extra per alcuni podcast, con un focus speciale sulla generazione Z». 

Reed Hastings ha detto che il principale competitor di Netflix è il sonno. E quello di Spotify?
«Mi ripeto: tutte le piattaforme competono per un tempo determinato di intrattenimento, quello che ciascuno ha a disposizione ogni giorno per ascoltare, guardare eccetera. Questo tempo è limitato. Il vantaggio dei podcast è che sono compatibili con varie attività: in un mondo ultra saturato, dove il sonno è ciò che ti toglie il tempo per l’intrattenimento, Spotify ti permette di creare o instaurare una connessione mentre fai altro. Lo studio di Ipsos dice proprio che l’80% delle persone ascolta podcast in modalità multitasking».

Tra le principali sfide del podcasting c’è la monetizzazione. Al momento quali sono le reazioni dei podcaster rispetto alle funzioni a disposizione su Anchor?
«Per noi è prioritario che i creator all’interno di Spotify siano in grado di monetizzare i loro contenuti. Abbiamo fatto varie mosse che vanno in questa direzione: l'acquisizione di Megaphone, il lancio di Streaming Ad Insertion negli Usa (tecnologia che permette inserire annunci in modo dinamico) e quello di Spotify Audience Network (che consente agli annunciatori pubblicitari di trovare all’interno di Spotify la loro audience)… È un insieme di cose che col tempo arriverà a tutti i mercati. Negli Usa, in Uk, in Germania sta funzionando bene. Nei prossimi mesi lanceremo anche in Sud Europa questi strumenti, che permettono ai creator di monetizzare i loro contenuti e ai brand di entrare in contatto con questi creator». 

E le Subscriptions (gli abbonamenti a pagamento per i podcast)?
«Presto lanceremo le Paid Subscriptions anche nel Sud Europa: i creator potranno mettere i loro contenuti dietro pagamento. Vogliamo che i creator abbiamo molteplici strumenti per poter vivere della loro arte, che sono i podcast».

Al momento c’è una situazione un po’ ambigua: chi si iscrive a Spotify a pagamento - gli utenti Premium - non sente gli annunci pubblicitari mentre ascolta la musica ma nel caso di alcuni podcast sì.
«Alcuni creator hanno accordi commerciali propri, grazie a cui possono monetizzare il proprio contenuto su Spotify senza usare Spotify come piattaforma di monetizzazione. Sono questi gli annunci che gli utenti Premium sentono in alcuni podcast. Dobbiamo ancora capire come integrare la pubblicità dinamica nei podcast e vedere quale sarà il risultato finale. Sono decisioni strategiche, stiamo facendo dei test».

La presenza di Spotify nel mondo del podcasting è sempre più pervasiva. Qualcuno ipotizza che si possa arrivare a una situazione di monopolio, pericolosa soprattutto per i podcaster indipendenti. Qual è la vostra posizione?
«È vero, stiamo comprando aziende terze, ma non sono le uniche che esistono in questo segmento. Il podcasting è l’universo più frammentato di tutti. Se decidi di caricare il tuo podcast puoi trovare moltissime piattaforme di hosting (Anchor risulta quella più utilizzata, ndr) e moltissime piattaforme di pubblicazione e monetizzazione. Noi vogliamo costruire i migliori strumenti che permettano ai creator di avere tutto a disposizione in un unico luogo. Però non è l’unica opzione, ce ne sono molte altre. Non c’è un rischio di monopolio, ci sono moltissime alternative e noi stiamo lavorando per costruire la migliore». 

Come state lavorando per essere i migliori?
«È nel nostro dna rendere l’esperienza dell’utente la migliore possibile. E credo che in questo siamo imbattibili. Inoltre stiamo investendo in talenti e contenuti locali e questo ci differenzia dalla competenza».

Avete valutato la possibilità di creare un’app solo per i podcast?
«Per noi la cosa più sensata è avere tutto l’audio, musica e podcast, integrato in un’unica app. Un buon esempio è
Il mio Daily, che mescola musica personalizzata e notizie. Ciò non sarebbe possibile se avessimo due app».

Il podcasting deve affrontare una sfida molto importante: quella della moderazione dei contenuti audio. Come la state gestendo?
«Spotify ha un valore, che è quello di essere aperto e che chiunque possa caricare i propri contenuti. Ma abbiamo anche delle linee guida molto severe: non accettiamo podcast che incitano all’odio o che arricchiscono in qualche modo l’
hate speech. Quando incontriamo un contenuto di questo tipo interveniamo. Anche gli utenti possono denunciare contenuti inappropriati o in violazione del diritto d’autore».


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Le notizie della settimana

  • Spreaker ha appena lanciato anche in Italia Spreaker Prime. Il programma permette ai podcaster di decidere dove e come inserire un annuncio pubblicitario all’interno del loro podcast.

  • Tre notizie dal New York Times: Theo Balcomb, la producer e co-creatrice di The Daily (l’avevo intervistata poco più di un anno fa), sta per lasciare il New York Times per mettersi in proprio; il NYT sta lanciando in beta un’app dedicata soltanto ai propri contenuti audio; e la figura principale del podcast Caliphate ha ammesso di essersi inventato di essere stato un terrorista dell’Isis.

  • Fireside è ora ufficialmente disponibile, su iOS. La piattaforma, cofondata da Mark Cuban e Falon Fatemi, offre la possibilità ai creator di trasmettere dal vivo contenuti audio o video che possono essere registrati, salvati, editati e pubblicati in un secondo momento. Fireside offre anche una serie di strumenti per la promozione, la misurazione, la distribuzione, la monetizzazione e la crescita del pubblico.

  • Clubhouse ha lanciato una nuova funzionalità. Si chiama Links e permette di inviare link di stanze private.

  • Ed ecco a voi un’altra app audio social, OminiPod, pensata per registrare e pubblicare clip audio e condividerle con la community.

  • Zencastr, servizio per registrare interviste da remoto, ha finalmente introdotto una delle funzioni più agognate da qualunque podcaster: la trascrizione automatica, per ora solo per l’inglese.

  • Facebook ha introdotto nella sua app mobile, al momento solo negli Usa, l’hub “Audio”, dove sono ragguppati i podcast, le Live Audio Rooms (ora disponibili in tutto il mondo, e anche nei gruppi) e le clip brevi.

  • Anche Victoria’s Secret si è fatta tentare dai podcast!

  • Secondo un sondaggio dell’Istituto Demopolis per Rai Radio1, la radio è percepita come un mezzo affidabile dal 53% degli italiani (più di tv, quotidiani e social network).

  • Sempre sul fronte radiofonico, uno studio condotto su otto mercati internazionali (Australia, UK, Germania, Francia, Repubblica Ceca, Russia, Svezia, Spagna) dice che la radio continua a essere la fonte preferita di audio nella maggior parte dei Paesi dove sono stati condotti i sondaggi. La ascolta il 77% degli intervistati, mentre i podcast sono ascoltati dal 30%.


Radiodays Europe Report

Di Mirko Lagonegro, ceo e cofondatore di Digital MDE

Si è tenuta a Lisbona nei giorni scorsi l’edizione 2020/2021 della manifestazione Radiodays Europe, nata nel 2010 e divenuta la più importante conferenza annuale per i professionisti della radio. A dire la verità, sin dall’edizione 2015 che si tenne qui a Milano questo convegno ha allargato il proprio campo d’interesse a tutto ciò che è audio, streaming e podcast in primis, ragione per cui ve ne parlo riportandovi una breve sintesi delle cose che mi hanno maggiormente interessato.

In primis, il figurone che gli operatori italiani hanno fatto per merito di Alessandro Giglioli, giornalista e direttore di Radio Popolare, protagonista del panel “The power of local radio: Radio can save your life”, centrato sulla capacità della radio di “coprire” situazioni di crisi. Riportando l’esperienza del podcast Andrà tutto bene, che tanto efficacemente ha raccontato le peggiori settimane della pandemia, Giglioli ha detto: «Il potere della radio locale si è riflesso nel portare alla luce gli errori dei decisori che potevano essere ritenuti responsabili di ciò che è accaduto in Lombardia, un ottimo esempio dell'importanza dei media locali».

Altro panel interessante, quello sul futuro delle music radio: “Streaming vs Radio?”. Rebecca Frank, Content Director di KISS UK, ha sferzato le stazioni che trasmettono semplici sequenze musicali invitandole a smettere di essere pigre, e passare piuttosto a pensare e realizzare programmi. Secondo Lorna Clarke, Controller Pop Music Controller per BBC (radio e tv), «non è la radio di musica che è stata attaccata, o la radio di notizie. Sono i tempi che cambiano, è un fatto che quando sono a casa le persone passano al digitale. Il pubblico si è abituato al potere di modificare l’offerta in streaming in base alle preferenze personali, ed è questa la sfida che la radio deve cogliere».

Anche grandi editori hanno preso parte al convegno: nel panel “Dal tradizionale al digitale: Il cambiamento deve venire dall'interno”, Caroline Pouron, responsabile dei contenuti digitali di SR in Svezia, e Christoph Falke, direttore generale di Axel Springer Audio in Germania, sono saliti sul palco per discutere le sfide, ormai non più rinviabili, dell'adattamento dei media tradizionali ai nuovi formati digitali. 

Non sono mancati panel dedicati al tema della monetizzazione dei podcast, ovviamente. Tra le varie previsioni per il futuro, interessante quella formulata da Jez Nelson, Co-Head Global Podcasts di Sony Music Entertainment, secondo il quale assisteremo a un progressivo spostamento dal modello basato sulla pubblicità a quello basato sugli abbonamenti. Notizia succosa quella fornita da Ruth Fitzsimons, Managing Director di Podfront UK, una concessionaria pubblicitaria che in Inghilterra rappresenta alcuni dei produttori di podcast più importanti, quali Wondery, Stitcher, NPR e, a breve, anche Amazon Music...

In ultimo, vi do conto di un bellissimo intervento tenuto da Signe Muusmann, Head of School of talent di DR, la scuola che opera da 40 anni con lo scopo di individuare e formare i nuovi conduttori della radiotelevisione danese. Nel suo intervento Signe ha energicamente sostenuto la necessità di investire nei giovani, nel coinvolgerli, nel dare loro tempo di fare errori e di crescere. Perché se si vuole che la radio resti rilevante tra i giovani, allora è bene che ci siano anche dei giovani a farla. 


I consigli di lettura

Siete pronti per lo “YouTube dei podcast”? E quale sarà l’impatto su Google Podcasts? Nel primo episodio del mio primo podcast, Parliamo di podcast (prodotto da LifeGate Radio), parlo proprio dell’ingresso di YouTube nel mondo del podcasting. Domani, come ogni giovedì, esce la nuova puntata.

La nuova grande sfida del settore è rendere i podcast più interattivi.

In che modo i podcast sono diventati uno strumento fondamentale per reclutare suprematisti bianchi.

Perché la Svezia è il Paese con il maggior numero di ascoltatori di podcast, in proporzione? C’entrano la radio e la presenza di tre aziende (una ovviamente è Spotify).

Ascoltare libri anziché leggerli è meraviglioso, nonostante qualcuno si ostini a snobbare gli audiolibri.

Un’intervista ad Alex Cooper, l’host del fortunatissimo podcast Call Her Daddy.


Le novità da ascoltare

È uscita la prima puntata de La città dei vivi di Nicola Lagioia, che ha scritto il podcast con Alessia Rafanelli. Io ve lo dico: è un capolavoro. Non si tratta della semplice trasposizione in audio del libro di Lagioia, che racconta l’omicidio di Luca Varani da parte di Manuel Foffo e Marco Prato (ricordate? Accadde a Roma il 4 marzo del 2016). C’è molto, molto di più. A partire dalla voce del padre di Foffo e da quella dell’avvocato Michele Andreano. C’è tutto il dolore e la disperazione di un crimine estremamente cruento. Un delitto che turba ancora di più in quanto privo di senso. Il podcast include in totale sette puntate, con uscita la domenica sulle app free.

Si dice che in amore le regole non esistono. Ma in realtà ogni coppia ha delle regole. Iole e Sandro addirittura ne hanno messe per iscritto dieci: è il loro "manifesto dell'amore lieve". Yari Selvetella, che sulla vicenda dei due ha scritto il libro Le regole degli amanti, ha usato quel decalogo per dare vita a un podcast. In ognuna delle dieci puntate di Amanti, su Storytel, lo scrittore prende spunto da una delle regole di Iole e Sandro per dare spazio a storie d'amore immaginarie ma realistiche che prendono vita grazie alle voci di narratori. Selvetella si insinua nei racconti con riflessioni sulle dinamiche di coppia. Con una premessa: siamo tutti alla ricerca di un equilibrio tra amore e felicità.

Segnalo anche La storia di Ema, dedicato al meccanico nonché star di YouTube Emanuele Sabatino, e la seconda stagione di C’è vita nel grande nulla agricolo (le copertine, meravigliose, sono di Federica Carioli).

P.S. Stai per lanciare un nuovo podcast? Raccontamelo qui 😊

Tra le novità vi consiglio Sangue giusto di Francesca Melandri, saga famigliare intrecciata al passato coloniale italiano e al presente delle grandi migrazioni (legge Sabine Cerullo); Sotto cieli rossi di Karoline Kan, dove una millennial cinese racconta la sua storia e quella della sua generazione (la narratrice è Tamara Fagnocchi); e La vasca del Führer di Serena Dandini, romanzo dedicato alla modella, fotografa, reporter di guerra e viaggiatrice Lee Miller Penrose (è letto da Orsetta De Rossi).

Inoltre, Storytel ha pubblicato gli audiolibri di diversi manuali della serie “For Dummies” e Audible i brevi audiolibri che compongono La filosofia della mangusta (dove l’attore, regista e autore Zap Mangusta analizza i sette filosofi che ritiene indispensabili per conoscere al meglio il mondo), mentre Emons ha lanciato gli audionotes, audiolibri di grandi opere italiane e internazionali inseriti in un notes di carta pregiata.


Sabato, il 16 ottobre, mi trovate al Salone del libro di Torino: dalle 11 alle 11.45 sarò alla Sala Magenta per presentare i dati Nielsen con Francesco Bono, Mario Calabresi e Rossana De Michele; dalle 15 alle 18:45 sarò allo stand Audible per raccontare i podcast di Gabriella Greison e Matteo Caccia e dalle 20 alle 21 sarò al Caffè Muller di nuovo con Caccia. Se siete da quelle parti anche voi, vi aspetto per un saluto!

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Angelo Napolitano
Writes PoLiNews. | Podcast, libri e ne…
Oct 13, 2021Liked by Andrea F. de Cesco

Proprio due giorni fa ho cominciato a provare Spotify (versione Free) per l'ascolto dei podcast e devo dire che l'esperienza al primo impatto è molto positiva.

Per me che ascolto principalmente podcast in lingua inglese, l'offerta è enorme, i suggerimenti algoritmici sembrano funzionare bene, ci sono tutte le funzioni necessarie per un ascolto agevole e finora non ho trovato interruzioni pubblicitarie durante l'ascolto.

Che dire, Spotify sta facendo un ottimo lavoro. Sarà molto interessante vedere ora come si evolveranno le strategie dei principali players del mondo podcast a seguito di una sempre maggior attenzione verso questo canale.

Complimenti per la newsletter Andrea, contenuti molto interessanti e di grande valore!

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1 reply by Andrea F. de Cesco
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